Diversificazione al palo con le domande di impianto di colture diverse dall’ulivo, come il vigneto, regolarmente bocciate dalle commissioni paesaggistiche per ‘salvaguardare la matrice olivetata’, mentre il Salento muore di burocrazia e arde per gli ulivi secchi e le sterpaglie nei campi ormai abbandonati. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, che torna a chiedere con forza alla Sovrintendente di Lecce, Maria Piccareta, di farsi portavoce al MIBACT affinché il Ministero dei Beni Culturali, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole, liberalizzi i reimpianti perché riconosciuti ‘normale pratica agricola’, per accelerare la ricostruzione del Salento, con la Xylella fastidiosa che ha compromesso 21 milioni di olivi in Puglia.
‘L’ennesimo episodio è stato vissuto suo malgrado dal nostro imprenditore agricolo Mimmo Tremolizzo che si è visto bocciare la domanda per il reimpianto di circa 1 ettaro di vigneto al posto dell’uliveto, nonostante abbia saputo dimostrare quanto originariamente quell’area fosse a forte vocazione vitivinicola e che in quella particella vi fossero vigne. L’area servizi del territorio dell’Unione dei Comuni della Grecia Salentina ha espresso parere sfavorevole, trasmettendo la bocciatura alla Sovrintendenza. Si tratta di un’azienda biologica e multifunzionale che, stando alle scadenze, con questa bocciatura rischia di perdere i fondi della 4.1C”, denuncia Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Lecce.
“Continuiamo a non comprendere perché, in barba all’art. 149 del Codice dei Beni Culturali, si chieda – insiste il presidente Cantele - l’autorizzazione paesaggistica per le attività agricole, considerato che proprio l’articolo 149 solleva dalla richiesta di autorizzazione per ‘gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili’”.
La liberalizzazione dei reimpianti con l’adeguata diversificazione colturale è un passaggio fondamentale – insiste Coldiretti Puglia - per una ricostruzione efficace dal punto di vista economico e paesaggistico, puntando oltre che sulle due varietà resistenti di ulivo, sempre con il supporto della scienza, su altre varietà tipicamente mediterranee, perché bisogna ridare agli agricoltori le chiavi delle loro aziende e il loro futuro, attraverso i reimpianti, gli innesti e la sperimentazione, privilegiando tutte le piante ospiti appartenenti a varietà per le quali vi sia una evidenza scientifica, anche se non definitiva, su tolleranza e resistenza al batterio.
“E’ essenziale dopo tanti anni il coordinamento fra le parti dello Stato – ribadisce il presidente Cantele - perché anche le risorse del Piano di Rigenerazione destinate alla diversificazione risultano così bloccate, a partire proprio da quelle assegnate al DAJS che andrebbero in fumo senza i necessari provvedimenti ordinamentali nazionali, vanificando progettualità e finanziamenti per la diversificazione delle filiere agroalimentari”.
Senza deroghe ai vincoli nazionali paesaggisti, idrogeologici e di qualunque altra natura agli espianti per l’area infetta delle zone ormai distrutte dal batterio – aggiunge Coldiretti Puglia – la provincia di Lecce è ingessata e destinata a morire di burocrazia, prima ancora che di Xylella.
“Obbligare il Salento al reimpianto di ulivi su ulivi, condanna la provincia di Lecce ad una monocoltura, con il rischio – lancia l’allarme Cantele - che un virus alieno azzeri il patrimonio produttivo del territorio, come già avvenuto con la Xylella”. Il DAJS ha, tra gli obiettivi, la promozione della diversificazione delle attività delle aziende agricole, il rafforzamento e la costituzione di reti di imprese e la valorizzazione delle risorse culturali, della ruralità e dell'offerta agrituristica ed enogastronomica esistente sul territorio, “strategie finanziate che corrono il rischio di essere bloccate da vincoli e obblighi che vanno necessariamente superati a livello nazionale e regionale”, conclude il presidente Cantele.