E’ stato presentato il nuovo Rapporto Annuale Inps, arrivato alla dodicesima edizione. Il rapporto si occupa di esaminare la salute previdenziale e assistenziale del nostro Paese che ha subito duri contraccolpi durante il biennio pandemico, ma che sembra aver recuperato terreno.
La ripresa viene infatti confermata dall’aumento del Pil italiano del 3,7%, il che ha determinato un importante miglioramento del mercato del lavoro, sia in termini di qualità che di quantità. Aumentano, infatti, il numero di coloro che versano contribuzione e che sono arrivati a oltrepassare i 26,2 milioni e sono aumentate in media le settimane lavorate. Diminuiscono inoltre gli ammortizzatori sociali, misura utilizzata fortemente nel periodo Covid per scongiurare i licenziamenti causati dalla chiusura totale delle attività.
Le grandezze della spesa previdenziale rimangono invece stabili: le pensioni pagate dall’Inps sono di poco inferiori a 21 milioni e i pensionati totali sono circa 16,1 milioni. I pensionati di anzianità o anticipata percepiscono in media 1.915 euro, mentre coloro che sono andati in pensione con la vecchiaia percepiscono in media 889 euro, importo minore dettato dal versamento di contribuzione inferiore.
Coloro i quali usufruiscono di una prestazione assistenziale, invece, percepiscono in media 470 euro.
Il rapporto spinge lo sguardo anche all’estero, confrontando il finanziamento delle pensioni per invalidità, vecchiaia e superstiti in Italia, Francia, Germania e Spagna, per capire nono
stante le differenze dei sistemi previdenziali considerati, le difficoltà a fornire prestazioni adeguate a fronte di finanziamenti non sempre adeguati.
Il problema più rilevante è sicuramente determinato dall’invecchiamento della popolazione. Questo fenomeno determina una sproporzione sempre crescente tra il numero dei soggetti impegnati in attività lavorativa e di coloro che sono collocati a riposo e che sono usciti dal mercato del lavoro. A questo quadro si aggiungono inoltre una crescente frammentarietà delle carriere, per cui molti lavoratori si trovano ad avere dei momenti della vita lavorativa non coperta da contribuzione e che potrebbe determinare un domani, un importo pensionistico non adeguato ed eccessivamente basso.
Tutti i sistemi previdenziali dei Paesi considerati pongono il problema della loro sostenibilità, soprattutto in virtù di una probabilissima crescita della spesa pensionistica legata all’invecchiamento della popolazione e perché la principale entrata per finanziare le future pensioni è data dalla contribuzione dei lavoratori attivi.
In relazione alle pensioni percepite per raggiungimento di età pensionabile o requisiti contributivi, si osserva che a livello europeo nel 2018, la principale fonte di finanziamento (in media il 65,5% del totale) sono i contributi sociali. Il totale dei finanziamenti delle pensioni di vecchiaia o per raggiungimento dei requisiti contributivi europee veniva per il 4,2% dalla contribuzione dei lavoratori autonomi, questa percentuale si rivelava molto più elevata, in particolare, in Spagna (7,2%) e in Italia (9,6%), Paesi in cui si afferma come molto più diffuso il lavoro autonomo.